Pietro Axerio Piazza, Piaru van d’ Piazu ,così chiamato dal luogo ove sorgeva la sua abitazione proprio sulla piazza principale di Rima, nacque a Rima nel 1827; giovanissimo si recò a Chalon sur Saone dove apprese i rudimenti del mestiere di gessatore che poi affinò negli anni dal 1840 al 1850 lavorando in Germania, in Svezia, in Norvegia anche con il cognato De Toma di cui aveva sposato la sorella Margherita.
Ritornò in Germania nel 1886 dove si mise in proprio con una impresa di marmi artificiali, lavori di scagliola e mosaici. Poco tempo dopo ritornò in patria lasciando ai figli l’ avviata attività. A Rima fu sindaco, fornì il suo paese di acquedotto, con altri compaesani si adoperò affinchè la strada carrozzabile proseguisse da Rimasco a Rima, e fosse costruita la struttura per ospitare le opere dello scultore Pietro Dellavedova.
Autodidatta si dedicò a molteplici attività artistiche: al canto, all‘intaglio su legno, alla “pittura di quadri molto particolari usando la difficile tecnica del marmo artificiale; compose in ticcio, il particolare dialetto tedesco di Rima, numerosi “gliadjie” (canzonette), nelle quali esprimeva l’ amore per il suo paese, la sua parlata, la sua gente. Fu tra i precursori dell’avvenire turistico di Rima facendo costruire due alberghi all’avanguardia per quell’epoca. Morì a Varallo nel 1905 .
Dei tre figli, Giulio, Antonio e Giovanni, i primi due proseguirono nell’ attività paterna, il terzo si dedicò alla pittura.
La ditta fondata da Piaru Axerio van d’ Piazu che aveva la sua sede a Berlino al numero 243 della Friedrich Strasse si ampliò e assunse rinomanza europea: innumerevoli attestazioni riconoscono l‘operato della “Gebruder Axerio”. Tra i lavori eseguiti in Germania si ricordano i restauri del palazzo reale, i marmi di palazzo Standt, della Banca tedesca e di quella internazionale e poi molti edifici pubblici, alberghi, università, assicurazioni .
I fratelli Axerio decisero di allargare la loro attività e da Berlino si spostarono in Russia, dove già li aveva preceduti da qualche tempo il cognato di Giulio, Antonio Ragozzi, pure lui rimese ed abilissimo nella composizione del marmo artificiale.
La Gebruder Axerio diventò così la Bratjia Axerio e costituì una importante impresa di pietre e marmi artificiali usati per le decorazioni di palazzi privati e pubblici sia all‘interno che all‘esterno. La ditta ebbe alle sue dipendenze oltre alle maestranze valsesiane, anche alcune migliaia di operai russi.
Connessi con la lavorazione del marmo e della pietra venivano eseguiti mosaici, graniglia e decorazioni con fregi e motivi classici. Il marmo artificiale veniva usato negli scaloni, colonne, pilastri, lesene, pareti di corridoi e saloni .
Il lavoro si svolgeva in edifici pubblici: banche, ministeri, chiese e persino alla Duma di Stato. Anche nobili, principi e lo stesso Zar apprezzarono l’opera degli Axerio che lavorarono tra l’altro nelle ville dei vari Amalek-Lazarev, Jussupov e pure nella villa imperiale di Levadjia residenza estiva dello Zar sul mar Nero. L‘elenco dei lavori eseguiti è lungo e importante; le referenze erano di famosi architetti del tempo quali Fomin e Beketoff .
La “Società casa commerciale Fratelli Axerio“, firmò l’ultimo contratto in Russia nel 1917. Gli Axerio si impegnavano ad eseguire tutti i lavori necessari per trasformare la deserta baia di Lapsi in Crimea, nella moderna città balneare che la Russia ancora non possedeva. Il contratto prevedeva la costruzione del porto, interventi di collegamenti stradali e ferroviari, trafori, costruzione di edifici pubblici, per un corrispettivo di cento milioni di rubli oro di allora.
La rivoluzione di ottobre fece sfumare quel progetto ed i progetti futuri degli Axerio, che ritornarono in patria con molte vicissitudini.
Alcuni dei figli dei due fratelli si dedicarono ancora, chi in Francia, chi in Spagna, insieme ad altri valsesiani a creare fregi, stucchi, decorazioni e mosaici con scagliola, gesso e pigmenti colorati, ma la grande stagione del marmo artificiale di Rima era ormai finita.

BIBLIOGRAFIA:
– Giovanni Cupia, “Rima ed il suo Santuario della B. V. delle Grazie”.
– Casimiro Debiaggi, “Dizionario degli artisti valsesiani dal secolo XIV al XX”.
– E. Barbano, I filoni mitteleuropei dell’emigrazione valsesiana. “Ogni strumento è pane“
– “L’emigrazione dei valsesiani nell’ ottocento” – Atti del convegno.
– Pietro Cazzola, “Piemontesi in Russia”.